
22 dicembre 2018
Aiaccio di Biagio Russo e Daniela Pareschi su LettureSconclusionate, Blog di Simona Scravaglieri.
“Aiaccio”, Biagio Russo e Daniela Pareschi – La magia della fiaba moderna…
Stamattina mi sono alzata così, con il peso di tutto quello che devo finire di fare, di leggere, di scrivere. Ho anche un discreto mal di gola che non mi abbandona. Fuori il tempo è grigio e nuvoloso e io non ho praticamente alcuna voglia di uscire di casa. Così in barba ai due saggi, tre romanzi che fremono per essere finiti ma che, immancabilmente, ogni volta che apro vengo interrotta, ho allungato la mano sulla pila degli acquisti di Più libri Più liberi 2018 – sì, sono divisi, disposti in maniera sconclusionata ma ci sono zone diverse, per le edizioni di Più libri, nelle mie librerie!- e ho preso “Aiaccio” consegnatomi da Lavieri, l’editore, per il quale la favola diventa opera arte. Lui come al solito mi ha detto “Leggilo!”.
Ecco l’ho letto. E altro che favola, questo è un vero e proprio racconto breve. Uno di quelli seri, di quelli che non hanno bisogno di pagine e pagine per raccontare un mondo. Con il compendio delle immagini, si smussano gli angoli un po’ taglienti, si guadagna un po’ di aria tra un paragrafo e l’altro.
Prima di andare avanti, devo specificare una cosa importante per capire un po’ questo libro. Marcello Lavieri e sua moglie Rosa, sono due tipi molto particolari: loro non amano le storie che iniziano con “C’era una volta…” perché per i bambini e i ragazzi si può pretendere di più dalla letteratura odierna. Devo ammettere che leggendo i loro libri ho scoperto che questa cosa, che credevo un po’ impossibile, invece è possibilissima. Ne escono fuori dei libri che a volte fanno pensare che siano troppo impegnati per i bimbi e che invece questi ultimi amano e chiedono continuamente di rileggerli. Stessa accortezza viene messa nei disegni in cui si rinuncia al tratto facilone e bidimensionale di certi testi che riportano i fumetti più in voga in TV. I bimbi dovrebbero pretendere altro e i genitori, come lo sono anche i Lavieri, dovrebbero farlo per loro.
Quindi quando aprirete questo libro vi troverete un racconto narrato in maniera precisa che racchiude in poche parole un mondo: la storia di Angel che diventa Aiaccio, la storia di un amore e di una panchina. Vi ritroverete a fare da spettatori ad uno spettacolo, ad ammirare le pieghe di un tendone da Circo e a sperare che Aiaccio si riprenda dal suo dolore. È una storia elegante che non ha termini difficili ma porta con se tante emozioni, “da grandi”, spiegate con semplicità. Il lieto fine c’è ma come insegnano Russo e Pareschi, il lieto fine si presenta quando tu non ti sei arreso, quando hai trovato comunque la tua strada, coltivi le tue amicizie. Gli amici non hanno bisogno di sapere nel dettaglio, come gli animali da circo che fanno da sfondo a questa storia, sanno quel che passi perché quando si è amici ci si conosce a fondo e si impara a sapere che significa un sorriso o un silenzio.
È una bellissima storia quella di Aiaccio, adatta a tutti, e che per la prima volta forse da quando sbircio le favole per bambini, non mette in difficoltà nemmeno i genitori nel dover spiegare il senso dell’emozione, perché è già lì, nelle tavole che arricchiscono il volume, disegnate da Daniela Pareschi e tra le righe di Biagio Russo. Una nota sulle immagini che si può osservare anche dalla copertina è per la particolare tecnica di ottenere la tridimensionalità degli spazi usando o no i contorni, le figure in primo piano sono definite nello spazio proprio evidenziando i contorni proprio come farebbe un bambino che prima disegna i contorni delle cose e poi le colora e alla fine completa il disegno disegnando il contesto. È una selezione ovvia per loro, prima stabiliscono hi o casa ci deve essere e poi utilizzano il contesto per inserirlo in uno spazio.
La Pareschi utilizza la stessa tecnica tirandone fuori delle raffinatissime tavole che si arricchiscono anche di qualche trucco in più ,come l’utilizzo della grana della carta che diventa un ulteriore modo per creare piani diversi e il colore, che devo ammettere non so se siano pantoni o acquerelli secondo me la seconda delle opzioni, che non vengono passati totalmente ma mantengono quell’aura di imperfezione che rende l’insieme più morbido e piacevole, coordinato alla sgranatura della matita che delinea gli spazi. Insomma, guardatelo se vi capita in libreria, ed è molto probabile che non lo metterete poi più giù.
E, dannatamente come al solito, Lavieri aveva ragione, mi scoccia un po’ ammetterlo, ma valeva proprio la pena di leggerlo, talmente tanto che sto qui a scriverlo a voi.
Buone feste e buone letture,
Simona Scravaglieri