Ma quali sono, mi chiedo, i giorni della nostra vita che ricorderemo per sempre? Quali, tra i tanti trascorsi con le persone che amiamo? E perché proprio quelli e non i mille possibili altri?
Lo scrittore, di fronte alla perdita della madre, partecipa allo sgretolarsi di quello che rappresenta l’argine principale dell’esistenza di ogni uomo, prima dell’ultima e decisiva fase della maturità. Senza più schermi di protezione egli prova allora, per l’ennesima volta, a confrontarsi con i suoi fantasmi mentre intravede, annunciata da un sempre più invadente oblio – dal “morbo incalzante” – la morte da un’angolazione del tutto nuova, in parte inattesa.
E una volta percepita questa sconcertante sensazione – la sensazione della fine – in tutta la sua assurdità; una volta constatata una semplice, banale verità (che senza genitori non si è, né si potrà mai più essere, figli), la scrittura diventa strumento di riflessione e di rispecchiamento che conduce a un inedito genere di sdoppiamento, a un sentimento di disincanto forse definitivo.
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